Metti un freno alla tua rabbia.

Metti un freno alla tua rabbia. La strategia corretta non è quella di negare l' aggressività. Anzi, solo se la conosci la domini







Una certa dose di ambivalenza, nel rapporto genitori -figli, c' è quasi sempre. Anche chi è molto affezionato ai propri genitori, in alcuni momenti può diventare insofferente, vivere il legame come una limitazione della propria libertà. Così come si può amare un figlio e ogni tanto provare dell' astio nei suoi confronti, per quello che fa o dice. Questi sentimenti non sono soltanto rea li, ma anche normali. Ciò che bisogna evitare è di lasciarsi trasportare, di entrare in un tunnel che non consente altra via d' uscita se non la violenza. Come fare per serbare l' autocontrollo anche nei momenti di tensione? Distinzioni Bisogna distinguere tra persona e comportamenti. Per esempio, se la vostra primogenita picchia il fratellino, invece di pensare che sia cattiva d' animo, considerate che il suo comportamento è dettato dalla gelosia. La bambina, in realtà, più che di botte ha bisogno di aiuto. Comprensione L' importante è l' interpretazione che diamo di un dato comportamento. Per esempio, se un padre pensa erro nea mente che il disordine di cui si circonda suo figlio sia dettato dall' intenzione di provocarlo, può perdere le staffe, quando invece un intervento deciso, ma pacato, sarebbe più efficace. Qualche volta, più che dal comportamento in sé, la tensione nasce dal fatto che il figlio/figlia è molto diverso da come lo si vorrebbe; ma la «colpa» in questo caso è nelle aspettative (o illusioni) del genitore. Problemi riflessi Alcuni detestano nei figli quegli aspetti che non amano in loro stessi: un bambino goffo o molto timido può rammentare le difficoltà che lo stesso genitore ha vissuto quando aveva la stessa età di suo figlio o che ancora sta vivendo non avendole definitivamente superate. «Quando non ci si accorge dei propri problemi psicologici irrisolti, abbiamo la tendenza a prendercela con gli altri e in particolare con chi ci vive accanto o che, come i figli, pensiamo di poter modellare» scrive Joyce Strom, presidente di una Società per la Prevenzione della crudeltà sui bambini, nel Massachusetts. Analogamente, un figlio può ricordarci ciò che non ci è mai piaciuto del coniuge o, peggio, di un ex-coniuge. Ma può anche verificarsi la condizione opposta: un figlio può irritarci, perché ha successo in ambiti in cui noi eravamo soliti fallire o ha delle qualità che noi non abbiamo. Emozioni chiare Negare a noi stessi le emozioni che ci agitano non è di aiuto: se non le riconosciamo per quello che sono, siamo più esposti al rischio di lasciarci trascinare dalla collera oppure di diventare ipercritici, esageratamente esigenti o, peggio, di creare palesi differenze di trattamento tra un figlio e l' altro. Se un figlio viene ignorato o disprezzato e un altro portato continuamente ad esempio ai fratelli, questi saranno incoraggiati a provare rancore nei confronti del «preferito» e a odiare il genitore. Quando si ha l' impressione di detestare un figlio per come si comporta, è bene porsi alcune domande: «Perché sento ciò che sento?» (mi ricorda, per caso, la mia infanzia? il mio ex-coniuge?), oppure: «Che cosa prova mio figlio?» (gelosia? infelicità? impotenza?), «Cosa è meglio fare per risolvere la situazione e aiutarlo?» (picchiarlo? punirlo? indicargli delle soluzioni?). Le risposte non sono sempre a portata di mano, ma il fatto stesso di porsi delle domande consente di prendere tempo, di comprendere meglio la situazione e di controllare i propri impulsi. In ognuno di noi c' è un lato oscuro e il non riconoscerlo può portare a esplosioni di violenza - spesso avvolte in una nebbia di semiincoscienza - che non si placa fino a quando l' emozione non si è scaricata del tutto. Nel volume «Nato da donna» la scrittrice americana Adrianne Rich descrive ciò che le accadde personalmente durante una vacanza. All' ultimo minuto suo marito restò in città a lavorare. Lei si ritrovò sola con tre bambini, quando invece aveva sperato in un periodo di riposo per poter scrivere in tutta concentrazione. Col passare dei giorni il suo umore andò progressivamente peggiorando e i suoi gesti nei confronti dei figli divennero sempre più aggressivi. Una sera, non potendone proprio più, decise di immaginarsi che cosa avrebbe potuto fare ai bambini se avesse dato sfogo alla sua rabbia, a tutta quella violenza che sentiva di avere in corpo. Il fantasma che ne emerse la riempì di orrore. Tuttavia, con sua grande meraviglia, il solo fatto di aver immaginato quella scena ebbe l' effetto di calmarla profondamente. La relazione con i suoi bambini ritornò serena e nei giorni successivi riuscì a organizzarsi per avere anche il tempo di scrivere. ANNA OLIVERIO FERRARIS psicologia età evolutiva, Università di Roma

Oliverio Ferraris Anna



(1 aprile 2001) - Corriere Salute

http://archiviostorico.corriere.it/2001/aprile/01/Metti_freno_alla_tua_rabbia_cs_0_010401815.shtml

basta saperla canalizzare costruttivamente

Gugol ha scritto:

basta saperla canalizzare costruttivamente

E' na parola......................................

hai ragione!