Admin meryan Amministratrice
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| Titolo: IL MITO DI VENERE Ven Ago 28, 2009 12:35 am | |
| Il mito di Venere
La leggenda racconta che Afrodite nella mitologia greca, Venere in quella latina, fosse nata dalla schiuma del mare (in greco “Aphròs”) presso Cipro. Secondo la poesia epica, Afrodite /Venere era figlia di Zeus e di Dione ed era legata da rapporti amorosi con l'eroe Anchise, dai quali nacque Enea. Dopo un lungo periodo d'oblio in epoca medievale, la figura di Venere ritornò in auge. Il Rinascimento, legato ai temi della bellezza, dell'amore e del piacere dei sensi, riconobbe in lei un'immagine prediletta. Non a caso, la “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli è tra i più famosi e mitizzati dipinti del periodo. La mostra in corso a Bari - dopo essere stata a Cipro presso il Nicosia Municipal Arts Centre ed a Parigi alla Mairie du Vème Arrondissement - celebra il mito di Venere attraverso secoli di differenti rappresentazioni. Il percorso prevede una selezionata scelta di lavori dalle collezioni Medicee, prestati dai principali musei fiorentini. Tra le tele in esposizione, la “Venere” di Lorenzo di Credi (oggi agli Uffizi), idealmente correlata al neoplatonismo e condizionata dallo stile del Botticelli. La “Venere dello Studiolo” di Francesco I in Palazzo Vecchio, firmata dallo scultore Vincenzo Danti, rende ragione del gusto raffinato ed intellettualistico della famiglia Medici. Si tratta di una Venere elegante e sinuosa, nell'atto di uscire dal mare e strizzarsi i capelli bagnati. Lo stesso gesto è ripetuto dalla “Venere” del Giambologna, nota come Fiorenza, che l'artista realizzò per la fontana della Villa medicea di Castello. Con una vena più naturalistica, il Tiziano raffigurò la sua “Venere” mollemente adagiata su un letto così come la più celebre “Venere di Urbino”, sdraiata su un lettuccio in ambiente aperto sulla campagna, vestita solo dei suoi gioielli e accompagnata da Amore. Gli stilemi pittorici del Seicento fiorentino sono incarnati dalla “Venere che pettina Amore” di Giovanni da San Giovanni, che umanizza il tema immaginando la dea come una giovane mamma intenta a spidocchiare un bambino nudo. L'esposizione, curata da Maria Sframeli, consta di 22 selezionatissime opere, attraverso le quali il mito della venustà femminile, identificata con l'immagine della Dea, è proposto in infinite sfaccettature.
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