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MessaggioTitolo: la trasfigurazione   la trasfigurazione 16gd9bkGio Set 17, 2009 11:35 pm


la trasfigurazione Dln6fc


Trasfigurazione, come ben l’ha compreso il cristianesimo ortodosso, è la parola chiave dell’esperienza cristiana. Vocabolo che comprende numerosi significati: estetici, affettivi, religiosi, teologici. Nel suo senso più immediato e umile, indica il passaggio da una figura a un’altra. Nel suo più elevato senso, richiama il «corpo glorioso» della tradizione cristiana, il «corpo di luce» del sufismo iraniano, il «corpo di risurrezione» della tradizione ebraico-cabalista.

Il termine di trasfigurazione include due concetti fondamentali: quello di purificazione e di elevazione. Si dice «un viso trasfigurato dalla gioia» e all’inverso «un viso sfigurato dalla paura». La gioia, la felicità sprigionano le essenze dell’alto, le irradiano per effetto della diffusività del Bene. In questa Trasfigurazione c’è un doppio processo di superamento di ciò che è contrario alla gioia e di integrazione dell’essere nella gioia, il secondo concetto è l’aspetto improvviso, fulmineo della Trasfigurazione. Cristo viene trasfigurato inaspettatamente davanti ai discepoli; dopo aver superato le suggestioni delle essenze del basso. Cristo incontra le essenze dell’alto e l’incontro è come un corto circuito folgorante tra ambedue: il basso viene assunto e trasfigurato dall’alto, l’alto nel suo impatto con il basso si manifesta nella teofania di Cristo irradiante luce.

Nell’immagine della Trasfigurazione riportata da Mt 17,1-9 si hanno tre livelli: nell’alto quello del «corpo glorioso», Gesù attorniato da Mosè e da Elia; nel mezzo i tre apostoli Pietro, Giovanni, Giacomo prostrati al suolo, accecati dalla nube luminosa; ai piedi del monte gli altri discepoli e la folla. La scena è dominata dalla voce che ne rivela il significato: «Costui è il mio Figlio, il prediletto. Lui ascoltate». Pietro, Giovanni e Giacomo, sono la proiezione nell’umanità sonnolenta della triade luminosa di Mosè, Gesù, Elia. Gesù è il luminoso centro di essa, come Giovanni è il centro della seconda. I tre personaggi di ambedue sono le funzioni che caratterizzano ogni movimento d’ascesa verso lo Spirito. Mosè, il Legislatore della Vecchia Alleanza, ma che non entrò nella terra promessa; Pietro, l’energia strutturante della Nuova Alleanza, con tutti i suoi entusiasmi e tradimenti; Elia e Giacomo simboli del profetismo, dell’energia che demolisce ogni chiusura raggiunta e definita; Gesù e Giovanni figure della suprema sintesi nello Spirito che unisce la coscienza umana con la realtà della vita divina, per cui l’uomo da figlio della terra e della carne diventa il Figlio prediletto.

Riprendendo il concetto iniziale di non storicizzare il tempo e gli eventi della storia dell’anima, e sovrapponendolo alla teofania, alla manifestazione divina della Trasfigurazione redatta dall’evangelista Matteo, abbiamo questi tre piani, nel basso un’umanità agitata e distratta: la generazione incredula e pervertita; nel piano intermedio tre figure, tre funzioni: la funzione organizzatrice, quella profetico-inquietante; la loro sintesi in un movimento ascensionale verso il piano trasfigurato. Considerando la Trasfigurazione, nella sua immagine tripartita, e non dimenticando che essa appartiene al tempo e alla storia dell’anima, e non al tempo e alla storia degli avvenimenti esteriori, essa ci rivela il suo travolgente e coinvolgente significato: non riguarda solo Cristo e i discepoli, ma riguarda ogni uomo e di conseguenza tutta l’umanità. In me esiste una zona caotica di pensieri, di volontà, di desideri, di passioni, «la generazione incredula e pervertita»; in me esiste un’indomita volontà di luce, di ascesa, di trasfigurazione; le conquiste che riesco a fare, il dominio che raggiungo mi porta a formulare in precettistiche, in sistemi di conoscenza e di morale le vie sperimentate e le nozioni raggiunte, a sentirmi bene in queste vittorie, a voler costruire delle tende per render durevole la pace raggiunta: è la funzione di Mosè e di Pietro.

Una volta raggiunta la tranquillità, sento nascere in me una sottile inquietudine che mi sussurra: sempre oltre, sempre oltre è la tua dimora, l’infinito cui sei chiamato dimora non ha: è la funzione profetica di Elia e di Giacomo. Riprendo allora il mio cammino che, come quello del Figlio dell’Uomo, non ha riparo ove pernottare, né pietra ove posare il capo. Il termine del mio cammino è la Trasfigurazione gloriosa in Cristo, in Cristo Figlio prediletto; cammino che sono chiamato a percorrere andando sempre oltre. Egli è l’infinita vita, l’infinita luce che opera nel tempo e nello spazio, ma non vi è contenuta.

La Trasfigurazione, allora, non è un’immagine letteraria, ma la più positiva delle realtà: nessun essere umano raggiungerà la luce del Figlio se non nella propria carne e nel riordinamento della propria realtà terrestre.

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MessaggioTitolo: Re: la trasfigurazione   la trasfigurazione 16gd9bkVen Set 18, 2009 9:05 am

METANOIA!!!!!!!!!!!!!!!
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MessaggioTitolo: Re: la trasfigurazione   la trasfigurazione 16gd9bkVen Set 18, 2009 9:50 am

la trasfigurazione Metano1



Una cosa che mi sono sempre preoccupato di assicurare ai partecipanti dei seminari e dei ritiri, è che non voglio vendere niente a nessuno.
Poi, di colpo, capii che non era vero. In realtà vendo una cosa che non è niente, nell’interesse dell’Entità Divina che di fatto è una non entità, e quindi di nuovo niente. L’assurdità è che vendo questo niente a voi, che siete tutti niente! Questa è la burla. Ma, finché la burla non è vista come tale, può essere una faccenda molto tragica.


Poniamoci la domanda: Chi cerca che cosa?, e presto si comprende che questo “CHI” non esiste se non come energia che vibra ad incredibile velocità, originando una determinata figura. In questo modo il “CHI”, collassa.

Per quanto riguarda, il “CHE COSA” non può essere percepito da nessuno dei nostri sensi, e così collassa anche il “CHE COSA”.
Senza il sostegno di un “CHI” e di un “CHE COSA” anche la ricerca è destinata al collasso. La ricerca collassa in quel niente, in quel puro NOUMENO silenzioso in cui non c’è cercatore, non c’è niente da cercare ne ricerca.


Molti guru altro non sono che degli esperti nel versare del vuoto nel nulla…e questo è tutto!

Chi ha compreso che di per sé ogni cosa è vuota, è molto vicino a “vedere” di cosa ogni cosa è piena!

Possiamo avere compreso tutto ciò a livello intellettuale, ma è davvero facile sperimentarlo qui ed ora.
Proviamo. Chiudete gli occhi e rilassatevi….
Ho detto: Rilassatevi, e non “sedete con la schiena eretta”. Sedete come state più comodi, per rilassarvi.
Ma non appena ci viene detto di fare qualcosa, ad esempio “rilassiamoci”, l’ultima cosa che facciamo è rilassarci.
Prima eravamo rilassati, e improvvisamente ci tendiamo. Ecco cosa accade quando vogliamo cercare. La ricerca è continuamente in atto, ma senza un cercatore! La ricerca avviene continuamente. Quindi, chiudiamo gli occhi, rilassiamoci e comprendiamo che non c’è nessun “CHI”. Il “CHI” è un concetto puramente immaginario. Non c’è un “CHI” ne un “CHE COSA” da cercare. Se lo capiamo non solo intellettualmente, se lo sentiamo, allora non c’è davvero un “CHI” né un “CHE COSA”, ma c’è questo immenso senso di nulla, questo immenso senso di totale libertà, c’è l’esperienza del momento presente, l’eterno momento. Infatti l’eterno momento, il momento presente, è l’esperienza.
Nel momento non c’è nessuno che sperimenti qualcosa. Tutto ciò che c’è è l’esperienza che è il momento presente, non c’è “io”, e non c’è “durata”, ne passato, ne presente, ne futuro.
Possiamo “avere” un’esperienza solo quando ne parliamo. Quando parliamo di un’esperienza, la collochiamo nella durata, nel tempo. La riconduciamo al passato. Quando c’è reale esperienza, non c’è nessuno che la sperimenti. Qualunque esperienza è necessariamente un’esperienza impersonale, un evento impersonale che assume una personalità, un’individualità, solo quando l’”io” la ripensa.
In quel momento l’esperienza appartiene al passato.
Capire ciò produce una notevole trasformazione, forse ancora a livello intellettuale, ma comunque una trasformazione. Il prodotto di questa comprensione, benché ancora intellettuale, è che il coinvolgimento cede gradualmente posto alla testimonianza.


Una metafora che uso spesso è quella di un dipinto lungo un chilometro e alto dieci piani. A causa del limitato campo visivo, per quanto arretri ne potrai vedere solo un pezzo alla volta. Sei costretto a considerarlo pezzo per pezzo, e ci vuole tempo per vederlo tutto. Ma il dipinto è sempre stato lì.
Ciò che era, è. Ciò che è, è. E ciò che sarà è anch’esso, ora. Ma la mente umana può capirlo solo per intuizione, non con il ragionamento.
Anzi, solo quando il ragionamento cessa può emergere l’intuizione… e a questo per esempio servono i koan zen… o appunto la METANOIA.


Metanoia, parola greca che significa “cambiare la mente”, cambiare il punto di vista. Una trasformazione radicale di tutti i processi mentali.

Metanoia, significa “nuova mente”, ma per fare che cosa? Per vedere chi siamo realmente. La parola indiana SAMADHI, significa: vedere la propria faccia prima. Prima di che cosa? Del condizionamento, che in sanscrito è detto Karma. Ma attenzione! Anche qui c’è il karma, c’è l’azione o la reazione, la causa o l’effetto, ma non l’agente!

Riflettiamo su ciò che dice il Buddha a proposito del karma e della reincarnazione. C’è un passo che non potrebbe essere più chiaro: Non essendoci un sé, non c’è trasmigrazione di un sé”. Se sostituiamo sé con anima, leggiamo: “Non essendoci un’anima, non c’è trasmigrazione di un’anima”. Ma vi sono le azioni e gli effetti delle azioni. Vi sono azioni, ma non l’agente delle azioni. Non vi è entità che trasmigra, nessun sé viene trasferito dall’uno all’altro.
Qui viene emesso un suono…e l’eco ritorna.
A proposito della reincarnazione, che alcuni ritengono l’essenza stessa del buddismo, il Budda stesso dice che non c’è nessuno che si reincarna. I monaci buddisti non hanno prestato ascolto a queste parole, come molti esegeti cristiani non ascoltano le vere parole del Cristo.

Gesù predicava la metanoia, attraverso l’idea di conversione o trasformazione. Cambiare il cuore per cambiare la mente.
“Il regno dei Cieli è nelle vostre mani”, significa che è alla portata delle vostre braccia, ma che per poterlo afferrare, bisogna essere capaci di passare attraverso questa trasformazione, conversione del proprio punto di vista.
Così com’è il punto di vista, così uno vede, che può essere tradotto con: “Ama il prossimo Tuo come Te stesso.”

La parola conversione è tradotta in greco appunto con Metanoia, che significa …oltre la mente. Dunque trattasi di un’idea che si allunga o spinge oltre i legami del nostro pensare e sentire ordinario.

Un profondo cambiamento della mente ed anche del carattere. Nella Bibbia e nel Nuovo Testamento, questo cambiamento è detto “metanoia”, tradotto frequentemente con pentimento. Ma in realtà non si tratta di pentirsi di azioni o pensieri passati, di guardare indietro nel tempo; è una visione in avanti di speranza, fede, grazia.

Metanoia è una nuova apertura verso ciò che è realmente oggettivo, oltre “me stesso” ed il nostro punto di vista soggettivo, riguarda una nuova capacità di come mettere insieme dei nuovi dati.

Il termine induista per metanoia è Paravratti, che indica il totale cambiamento di visone. Da visione personale diviene visione impersonale, che è vedere perfetto. Visione impersonale significa vedere questo organismo mente-corpo come parte della totalità della vita, parte della totalità del sogno, Maya[1]. Questa comprensione ci disidentifica dal senso di un agente personale delle azioni.
Questo processo in sanscrito è detto Upadesa, cioè “reintegrazione”, essere reintegrati nella vera natura. Implica il risanamento della mente individuale nella sua primitiva totalità dello stato originario del puro essere.


Come unire, combinare questi nuovi “dati”, si chiama processo euristico.

L’euristica (dal greco ευρίσκω, heurísko, letteralmente "scopro" o "trovo"), è quella parte della ricerca il cui compito è di favorire l’accesso a nuovi sviluppi teorici o scoperte empiriche.

Si definisce “processo euristico”, un metodo di approccio alla soluzione dei problemi, che non segue un chiaro percorso, ma si affida all’intuito e allo stato temporaneo delle circostanze, al fine di generare un nuovo punto di vista…una nuova visione…una nuova comprensione.

Per esempio in informatica si definisce euristico il lavoro di un software che non opera meccanicamente ma utilizza invece una tecnica virtualmente creativa, cioè non si limita ad analizzare i dati secondo confronto di dati noti, ma prova a simularne il comportamento. Esempi di software euristici sono alcuni moderni antivirus o alcuni programmi contro il phising[2].

L’eurisma è lo schema mentale, tipico dell’essere umano, che impedisce il corretto svolgimento del “procedimento euristico”. Comporta una sorta di “ancoramento[3]” a ciò che appare più visibile, impedendo di leggere più in profondità e attivare la parte creativa ed intuitiva della mente.
Così com’è il punto di vista, così uno vede, se non si cambia il punto di vista, qualsiasi cosa si faccia avrà sempre e solo la stessa qualità.


Esempi euristici pratici:
a) La zolla di terra
b) Il prezzo
c) Il colesterolo.

La zolla di terra, ed il prezzo: rispondere alla svelta.
Se una zolla di terra di un campo di calcio raddoppia la propria crescita ogni mese, e ci vogliono 48 mesi per rivestire tutto il campo, quanti mesi ci vogliono per rivestirne la metà?
Sappiamo che un paio di scarpe ed un pallone costano insieme 110€. Se le scarpe costano 100€ più del pallone, quanto costa il pallone?
I più rispondono al primo quesito 24 (o 12), e al secondo 10€, ma le risposte esatte sono 47 e 5. Anziché dirvi il perché, provate a ragionarci.
Il colesterolo: Uno studio fatto dimostra che gli uomini con il colesterolo alto rischiamo il 50% in più degli altri un attacco cardiaco.
Ma cosa vogliono veramente dire questi numeri?
Proviamo a guardare ciò in maniera differente: su 100 uomini con livelli normali di colesterolo si prevede che 4 avranno un infarto nei prossimi dieci anni; mentre su 100 uomini con livelli di colesterolo alto, il numero sale a 6.
La cifra del 50%, riportata dallo studio precedente, altro non è che un modo di esprimere il fatto che il colesterolo alto produce un aumento da 4 a 6 casi su 100 nei prossimi dieci anni.
In semplici termini matematici: il colesterolo alto causa 2 casi di infarto in più di quelli altrimenti previsti (4) su un campione di 100 persone. 2 è appunto la metà di 40, quindi il 50%. Semplice no?
2 casi di infarto su 4 (cioè il 50%) rappresenta l’aumento del rischio relativo. Ma un altro modo di vedere e quindi esprimere gli stessi dati è il cosiddetto “aumento del rischio assoluto” che in questo caso è del 2%, cioè la pura e semplice differenza algebrica fra 6 e 4 casi su 100. Certo messa così la notizia sarebbe meno sensazionale! E questo condizionamento accade tutti i giorni in tutti i campi, compreso in quello marziale.


Dalla nascita, anzi se consideriamo la genetica molto prima, fino alla morte, l’individuo viene bombardato di dati, di istruzioni. Gli insegnano a farla nel vasino, a mangiare ad ore fisse, a comportarsi in un certo modo. Alcune istruzioni sono valide altre meno, e vanno ri-programmate (creazione di un nuovo data-base, metacircuito neuronale).

Attraverso pratiche specifiche, come per esempio il Taiji quan si possono mettere in moto determinate aree del cervello.

Difatti nei Classici del Taiji troviamo scritto:
“ lo Xin genera lo Yi, che muove il Qi che conduce il corpo.”

Lo Yi, che può essere diviso nelle sue due componenti di base attenzione-intenzione, ha la sua origine molto più in “alto” di quando noi lo percepiamo. Questo zona diciamo più in “alto” è lo XIN, Mente Profonda, o Coscienza impersonale.
Sempre nei Classici troviamo scritto: Non usare la forza bruta, usa l’intenzione. -Yong Yi, bu yong li-. Questo sposta il piano del nostro lavoro da quello del corpo fisico a quello mentale. E’ un salto quantico del punto di vista. E’ metanoia pura.


Taiji quan, dal punto di vista dell’uomo comune è un’altra arte marziale, ma da un altro punto di vista si scopre che qualsiasi arte sia essa marziale o altro, quando raggiunge la vetta più alta, cioè un punto di vista che si trova in verticale piuttosto che da qualche parte sul piano orizzontale, è Taiji quan!
Taiji o “Polo Supremo” è uno stato di coscienza impersonale che non appartiene ne al signor chen, yang, rossi o bianchi.
Personalmente non mi interessa il punto di vista del Signor Chen, Yang o wu, mi interessa invece fare l’esperienza del VEDERE, e ciò che io chiedo a questi maestri è se essi sono capaci di mettermi in condizioni di vedere oppure no.


Tutto dipende dal dialogo e dall’apertura, dall’immaginazione, e dalla fiducia che tutto è già lì. Non si insegna la reazione, semplicemente si permette ad essa di manifestarsi, uscire/entrare.
Per fare ciò con i praticanti si usa appunto l’immaginazione, che può essere mentale, vocale, attraverso dei movimenti come per esempio l’imitazione degli “animali” o altro…
Ciò che voglio ottenere è l’inibizione della loro risposta corrente. Per esempio, se qualcuno vi tocca cercando di spingervi con forza, e voi reagite irrigidendoti per non essere spinti via, io prima di insegnarvi ad assorbire una spinta, devo aiutarvi a “lasciar andare” tutta quella rigidità. Questa didattica è pura improvvisazione, perché ognuno ha dei percorsi o condizionamenti diversi. Se il maestro non possiede questa capacità di “Vedere”, si avrà solo una trasmissione letterale dell’Arte, ma poco funzionale. Questo a mio parere è il motivo principale per l’attuale degenerazione dell’arte marziale.
Il Maestro è bravissimo… ma ha la capacità di insegnare perché possiede la “visione”?
I riflessi sono lì, presenti. Bisogna sapere quale stimolo usare per “tirarli fuori”.


Esempi pratici:
1) Residuo di intenzione
2) Residuo di intenzione cronico
3) Test di ideocinetica

E’ molto importante che quando eseguiteun movimento, la vostra attenzione (che è ciò che vi stimola), e la vostra intenzione (cioè quello che voi volete fare in risposta a quello stimolo), si allineino con il movimento che state eseguendo. – Nei Wai san he.-
Se i riflessi non si sviluppano in sincronia, essi rimangono troppo “statici” o “fissati”, e il tono posturale sarà molto basso, molto alto o troppo fluttuante e inconsistente, che è la condizione in cui si trovano la maggior parte dei praticanti di taiji odierni.


La reazione di allineamento della testa è gestita dal mesencefalo, che possiede poca immaginazione, nel senso che possiede solo un tipo di risposta. Indipendentemente dalla posizione del corpo nello spazio, la testa in relazione alla gravità sarà sempre verticale. Se non si fanno degli esperimenti specifici per sviluppare altre possibilità, si svilupperà solo una corretta attitudine, che per un’artista del corpo, soprattutto se marziale è troppo limitante.
Bisogna riuscire a “toccare” le risposte che si trovano… più in profondità. In qualche maniera dobbiamo diventare più “primitivi”, eliminando ogni tipo di risposta pre-condizionata, tranne quella del cedere alla gravità (riflesso tonico labirintico), gestito dal cervelletto. Quando ciò accade, si perde l’attività della “reazione di allineamento” e della “risposta di equilibrio”. Per cercare di uscire da questo stato bisogna semplicemente “ricordare” o se preferite “diventare consapevoli” di queste altre possibilità.
Se volete andare oltre la reazione di allineamento verso la risposta di equilibrio, dovete far si che la vostra testa diventi…un’altra estremità di per se, permettendogli così, al pari di altre articolazioni, libero movimento nello spazio. Possiamo addirittura dire che, anche la “coda” –coccige- diventa un arto. Passando alla risposta di equilibrio ci spostiamo al proencefalo, zona dalle infinite possibilità. Usare la testa come un ulteriore arto ci apre la porta verso nuove possibilità: quella dell’immaginazione corticale.


L’immaginazione risiede nella parte corticale del cervello, e quando si cerca di “immaginare” qualcosa, la corteccia cerca nella sua maniera di trovare il modo di fare ciò. Questo è ciò che accade quando si cerca di “sentire” il Qi con la mente superficiale…
Questo secondo me è un grave errore! La funzione della corteccia consiste nell’immaginare qualcosa, ma poi deve lasciar fare al sistema nervoso.
Abbiamo dunque un aspetto yang creativo, l’ideazione di un movimento, seguito da un aspetto yin, l’osservazione della manifestazione o esecuzione del movimento stesso. L’ideazione viene prima dell’intenzione che anticipa l’attuazione: “Lo Xin genera lo Yi, che muove il Qi, il quale conduce il Corpo.”


Quando si cerca di “interiorizzare” un percorso prestabilito di movimenti, per esempio una forma taiji, esso diventa sottocorticale, e solo in seguito siamo capaci di passare al corticale, l’immaginazione. Con la nostra pratica, noi cerchiamo di lavorare tutti questi livelli subcorticali, in modo che possiamo efficientemente condurre l’immaginazione all’esterno, manifestando così la nostra ispirazione. Questa è la fase in cui la mente è nel corpo e si sta andando verso…il corpo è nella mente. Praticare concentrandosi sul Qi impedirà tutto questo processo evolutivo!
Per questo nei Classici del Taiji troviamo scritto: “ Se lo Yi si concentra sul Qi, il Qi ristagna e lo Yi si blocca.”


I riflessi vengono processati nella spina dorsale e nel cervelletto. Sono le nostre risposte più primitive. La reazione di allineamento appartiene al mesencefalo, e riguardano la gravità. La risposta di equilibrio sono risposte del Neoencefalo, e sottostanno ad una relazione multipla con la gravità e l’equilibrio. E’ importante notare che quando noi guardiamo ai movimenti integrati, non vediamo reazioni di riflesso isolate, piuttosto si nota il loro reciproco supporto ed influenza sul movimento. Ognuno di questi condizionamenti, e i riflessi sottostanti ad essi, contribuiscono come aspetto particolare nello sviluppo generale dell’espressione del corpo-mente.

Nei primi anni dell’apprendistato -fino a 14 anni di pratica-, la gente è ansiosa di imparare molte forme. Ma ciò riguarda solo l’accumulazione esteriore, non il progresso interno. Comunque ciò non è dannoso poiché mantiene lo studente interessato. Tutto ciò però fa parte del cerchio orizzontale della Mente. Il cerchio verticale non riguarda l’accumulazione, ma il raffinamento della comprensione interna combinata al graduale processo di lasciare andare di tutte queste pratiche esteriori accumulate nel tempo… “Investing in lost”: Investire nella perdita. L’unico vero movimento non è mai in senso orizzontale, come quello delle galline in un pollaio, ma in senso verticale.

Nel passato, maestri che possedevano una buona arte difficilmente la trasmettevano al di fuori della loro cerchia familiare. La causa è da ricercarsi nell’istinto di auto preservazione in un ambiente altamente competitivo e pericoloso. Per questo motivo i vari metodi di allenamento presero i nomi delle famiglie o clan che li insegnavano. Attualmente questa “paura” non è più un fattore fondamentale nella trasmissione dell’Arte, quindi maestri mentalmente aperti riconoscono che il potenziale migliore spesso può essere trovato al di fuori del clan o famiglia. In questo momento non ha più alcun importanza associare i nomi dei clan-famiglie al Taiji, anzi ciò è solo di impedimento alla pacifica trasmissione e apprendimento dell’arte stessa. Tutto ciò è solo “attaccamento” alla forma esterna, ed è il segno che contraddistingue chi è ancora “giovane” negli aspetti interni dell’Arte.

Efficacia e benessere: L’isola che non c’è.
Se non si ha il coraggio di “guardare” dentro se stessi e vedere che ciò che ci spinge alla ricerca dell’efficacia si chiama paura, qualsiasi arte marziale praticate sarete sempre inefficaci.
Quando chi non ha vinto la propria paura incontro chi ha sconfitto la paura, il primo verrà sempre sconfitto a prescindere dallo stile che pratica.
La paura nasce dall’identificazione che abbiamo con il corpo fisico, difatti ciò che si vuole difendere è questo “Noi stessi” chiamato corpo. Se volete veramente diventare “efficaci” in termini marziali, tutto ciò che dovete fare è trovare un maestro che vi insegni a sconfiggere questa paura-identificazione. Tutto qua.
Lo stesso vale per chi ricerca il “benessere” o la “lunga vita”. Non c’è malessere peggiore che la ricerca e mantenimento del benessere, e la paura di morire impedisce di vivere ma non di morire, soprattutto se non si è mai entrati nella vera vita. Sia nel primo caso, quello dell’efficacia, che negli altri due, tutto ciò che si deve fare è allenare la mente a restare equanime. Cosa c’è di più efficace, salutare e durevole di una sana, consapevole ed equilibrata mente?


Come accennavo prima, attraverso pratiche specifiche si possono mettere in moto determinate aree del cervello, come per esempio la neuroipofisi, la quale controlla attraverso i neurormoni l’ipofisi, che attraverso gli ormoni controlla tutto il corpo.

Mente e corpo fanno parte di un unico sistema di trasduzione dell’informazione. Con il termine "trasduzione" si intende "la conversione o trasformazione di energia o di informazione da una forma a un’altra" così come quando il mulino a vento trasduce l’energia eolica nell’energia meccanica delle pale rotanti che, a loro volta, trasducono l’energia meccanica in energia elettrica grazie a un generatore.
Il sistema limbico-ipotalamico è il principale trasduttore psicofisico dell’informazione.


Per esempio, l’ipotalamo regola la fame, la sete, il sonno, la veglia, la temperatura corporea e controlla – per mezzo di ormoni che percorrono un brevissimo tratto – l’attività dell’ipofisi, un piccola ghiandola che governa il nostro corpo. Gli ormoni ipotalamici stimolano oppure inibiscono la produzione degli ormoni ipofisari e l’ipofisi secerne numerosi ormoni come l’ormone della crescita e altri che stimolano la secrezione di ormoni nella tiroide, nella corteccia surrenale e nelle gonadi. Quando la concentrazione nel sangue degli ormoni prodotti dalle ghiandole bersaglio aumenta, l’ipotalamo tramite l’ipofisi rallenta la produzione di questi ormoni.

Quasi sempre usiamo le nostre risorse mentali per complicarci la vita, anziché per controllare il corpo.

Nello Chuang Tzu, c’è un bellissimo passo che parla della saggezza degli antichi. All’inizio non sapevano neppure che le cose esistessero. Poi vennero a conoscenza della loro esistenza, ma non facevano paragoni. Non vedevano diversità. Poi iniziarono a fare distinzioni, ed il DAO si perse. Persero il Dao quando iniziarono a giudicare.
Questo passo descrive l’evoluzione dell’identificazione, dall’iniziale ignoranza dell’esistenza delle cose, fino ai giudizi e ai paragoni. Ma il processo si deve chiudere con il ritorno al DAO, alla sua originaria purezza. Gli esseri umani sono semplici involucri, strumenti, attraverso cui il processo si compie.


Per me non esistono persone che hanno torto o ragione, esistono soltanto differenti livelli di comprensione, che abbisognano di determinate esperienze per “tornare indietro”.
Lao Tze disse: Pratica uomo comune ogni giorno sempre di più.
Pratica uomo nobile (Shen Ren), ogni giorno sempre di meno.

Dal più al meno, e dal meno al più tutte le vie nascono e ritornano al Dao. Se comprendete ciò profondamente ed istintivamente non avete più bisogno di nulla, semplicemente vivete bene ciò che vi resta da vivere.

L’ULTIMA SUPREMA VERITA’?
IL CANTO DI UN PESCATORE
CHE SI ALLONTANA TRA I CANNETTI

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