Admin meryan Amministratrice
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| Titolo: ROBERTO SAVIANI Sab Ott 03, 2009 5:32 pm | |
| " LA BELLEZZA E L'INFERNO " RITORNO CON RABBIA DI ROBERTO SAVIANO
ROMA (15 giugno) - Sono incontri, sono recensioni e saggi, sono reportage ed editoriali. Tutta una collana di generi letterari e giornalistici manipolati e anche stravolti, come «un mostro a più mani e più occhi», capace di ribaltare e annullare la canonica separazione secondo cui «il reporter è l'occhio, lo scrittore la mano e un po’ di mente, il giornalista l'occhio e un po’ di mano, il narratore lo stomaco».
Roberto Saviano raccoglie per la prima volta gli scritti e gli articoli su quotidiani, settimanali e riviste (La bellezza e l'inferno, Mondadori, 242 pagine, 19 euro) pubblicati tra i 2004 e il 2009, cioè immediatamente prima e in parallelo con l'enorme risonanza planetaria di Gomorra.
Ci sono, nel libro, i suoi passi d'esordio nell'ambito della militanza «contro il Male fetido e mostruoso del Sistema», raffigurata nel ritratto amorevole di Giancarlo Siani e nell'elogio di un giornalismo d'inchiesta capace di analizzare la Piovra camorristica, come fenomenologia del potere e non del crimine.
Ci sono le prime prove letterarie documentate dagli (ottimi) saggi su Vollmann, Herr, Isaac Singer e Johnson e con l'idea forte che uno scrittore non debba mai separare la conoscenza dal racconto e che sappia sempre «raccontare con il senso di colpa di non poter mutare le cose e con la speranza che la indiretta azione passa in realtà nelle coscienze e nelle visioni dei suoi lettori».
E c’è lo scrittore Saviano un po’ reporter, un po’ giornalista, un po' poeta, un po’ narratore che quella speranza l'ha vista vertiginosamente realizzata nei tre milioni di copie vendute di Gomorra nel mondo, costretto però all' "esilio” necessario alla sua stessa salvezza fisica, al "confino", al "carcere obbligato" in patria e nei luoghi della sua esistenza di perennemente braccato dalla fatwa della camorra.
All'apice del successo, invitato all'Accademia dei Nobel di Stoccolma a dialogare con Salman Rushdie che gli ricorda: «La vita non piace ai morti, a tutti coloro che per lavorare devono vendersi, che per scrivere fanno compromessi, ti rendi conto quanto per loro sei fastidioso?». Difensore strenuo della stessa idea della responsabilità per lo scrittore «di far sentire quel che racconta, le storie che sceglie di raccontare non come storie distanti, lontane».
Con il sogno di potere «incidere con le parole, dimostrare che la parola letteraria possa avere ancora un peso», e con la paura invasiva ella propria immagine troppo esposta, in un rapporto assai complesso e sofferto con il successo mediatico troppo «da personaggio» che occupa le pagine dei quotidiani, le copertine dei settimanali, le telecamere in prima serata.
Non per nulla nella presentazone si ricorda Capote: «Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte». Quelli de La bellezza e l'inferno sono scritti quasi tutti legati all'occasione giornalistica, nati in stanze spesso buie e senza finestra, in edifici militari squallidi e immensi, in alberghi sotto continua, spasmodica sorveglianza. Pagine ora pressanti e incandescenti, ora più distanti ma ugualmente appassionate, segnate dalla impossibilità di iscrivere dentro il Dna della propria esperienza, secondo la regola sperimentata in Gomorra, gli spazi, i perimetri, le condizioni in cui si genera "la verità”: anche quella di una partita di calcio a Barcellona dove, secondo il programma dei Missos, i corpi speciali della polizia catalana, Roberto sarebbe dovuto andare «circondato da un cubo di vetro antiproiettile» disseminato in mezzo agli spalti festosi del Camp Nou.
Saviano prolunga il suo lavoro di scrittore sulla via aperta dalla straordinaria risonanza dalla sua non-fiction novel, nel ritmo più esiguo e più diretto che il giornale assicura alla lettura modificando il format della scrittura letteraria. Si immerge nei riti massmediatici di Cannes per la presentazione e il trionfo del film di Garrone tratto da Gomorra, coglie sull'onda del film di Zack Snyder la pubblicazione in graphic novel della storia dei Trecento alle Termopoli a firma di Frank Miller che traduce Erodoto nel linguaggio yankee e restituisce all'episodio la miscela di forza epica e dato storiografico tanto apprezzata dallo scrittore napoletano.
Si commuove per la morte a Castevolturno della Makeba vicino alla sua gente, tra gli africani della diaspora, o per quella di Biagi che lo intervistò nella sua ultima trasmissione, o per quella della Politkovskaja, uccisa per far cadere il silenzio sulla forza delle sue parole d'accusa ai crimini russi in Cecenia.
Penetra nell'universo malavitoso con un'ossessione che Alessandro Piperno ha ben definito balzacchiana, calandosi nel caleidoscopio criminoso con la dedizione di un moralista classico, con un io fermo e granitico che ripete «però puoi scrivere, devi scrivere, scrivere è iscrivere una parola nel mondo, è resistere, fare resistenza».
Analizza il crimine organizzato in altri paesi, dal Sud America alla Siberia passando per gli Stati Uniti, «la rabbia che mostra solo il male ti impone di non pensare ad altro, ti condanna all'ossessione di pensare a ciò che non si può esprimere, pensare a come si possa esistere stretti tra poteri sempre più invasivi che non ti permettono di vivere come vorresti».
Denunzia ancora il Sud soffocato dalla mafia augurandosi che la speculazione come sempre in agguato, con i suoi mille tentacoli, non si abbatta sul territorio abruzzese dove il terremoto ha scardinato, case e chiese, luoghi di lavoro e d'incontro. Racconta infine grandi storie appassionate, in cui «la bellezza è la capacità di far vedere ciò che si è, assomigliare a ciò che si immagina, mostrare ciò che si è realmente».
La storia dell'argentino Lionel Messi, la "pulce” con i suoi piedi piccoli, le gambette, il piccolo busto, i problemi della crescita all'apparenza insormontabili, la storia del pianista Michel Petrucciani, deformato anche lui dal suggello della nascita, il quale inventa la musica con il dolore e l'angustia fisica dell'esecutore proteso nello sforzo di una "bellezza" davvero indicibile, o l'altra ancora dei pugili di Marcianise che inchiodano all'angolo lo sfidante e cercano di fare una cosa sola, vincere. Un sentimento, quello della bellezza, che come quello dell'inferno (anch'esso ripreso dalla suggestione camusiana) è una sorta di pendolo intorno a cui oscilla la qualità germinativa di ogni immaginazione e ogni fantasia di Roberto Saviano | |
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Gugol Moderatore
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la bontà e l'educazione in persona Data d'iscrizione : 04.11.07
| Titolo: Re: ROBERTO SAVIANI Dom Ott 04, 2009 10:45 am | |
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