"...Zeliha fissò Asya con la delusione di un artista che dopo aver concepito un'opera in una notte di sbronza, la mattina si rende conto che la sua idea era tutt'altro che geniale. Malgrado il turbamento della scoperta, per un minuto Zeliha non disse nulla. Poi le sue labbra si incurvarono in un cupo sorriso, come se si fosse appena resa conto che il volto che stava fissando non era altro che la sua stessa immagine riflessa, così uguale e allo stesso tempo così lontana. Sua figlia, diversa da lei nell'aspetto, stava dimostrando di avere il suo stesso carattere. Lo scetticismo, la ribellione, l'amarezza di Asya erano identici a quelli che aveva menifestato lei alla sua età. E senza rendersene conto, le aveva trasmesso il ruolo della ribelle di famiglia. Per fortuna Asya non sembrava ancora stanca del mondo e vinta dall'angoscia, era troppo giovane per questo. Ma la tentazione di radere al suolo l'edificio della propria esistenza c'era già, il dolce richiamo dell'autodistruzione che solo i raffinati e i malinconici sanno avvertire risplendeva come una luce fioca nei suoi occhi."
da "La bastarda di Istanbul" di Elif Shafak
(Il libro che sto leggendo in questo momento)