Vitamina B6: poca può aumentare il rischio di Parkinson
Uno studio suggerisce un legame tra la malattia e l'insufficienza vitaminica
Secondo lo studio dei ricercatori giapponesi di cui ci riporta notizia il “British Journal of Nutrition”, scarsi livelli di vitamina B6 potrebbero aumentare del 50% il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.
Tuttavia, gli scienziati si premurano di far notare che lo studio in sé non prova che bassi tassi di questa vitamina possono necessariamente dar luogo allo sviluppo della malattia, ma prova che sarebbe importante condurre nuovi approfonditi studi per comprendere come un aumento di concentrazione di vitamina B6 possa invece ridurre il rischio di sviluppare la malattia.
L’assunto secondo cui bassi livelli di vitamina B6 possono lasciare libero campo allo sviluppo del Parkinson è basato sul fatto che vi è un legame tra l’assunzione di vitamina B e l’omocisteina, un aminoacido ritenuto potenzialmente tossico per le cellule cerebrali.
È ovvio che maggiore chiarezza in questo campo potrebbe essere importante nella prevenzione di questo disturbo. Secondo l’Info-Park, un servizio finanziato dall’Unione Europea, entro il 2050 i malati di Parkinson saranno circa quattro milioni, solo in Europa.
I ricercatori fanno anche notare che già altri studi avevano collegato la vitamina B6 e il rischio di Parkinson. In particolare uno studio dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam aveva suggerito che chi aveva maggiori livelli nel sangue di questa vitamina presentava un rischio ridotto di oltre il 50% rispetto a coloro che presentavano minori livelli.
Al contrario, un altro studio statunitense aveva concluso che non vi era alcun legame tra questa vitamina e il rischio di Parkinson.
Viste le discordanze, i ricercatori giapponesi hanno coinvolto nel loro studio 249 persone affette dalla malattia di Parkinson e 368 persone sane. Per valutare l’assunzione di vitamina B6 tramite la dieta, i partecipanti sono stati invitati a compilare un questionario.
Analizzando i dati, gli scienziati sono giunti alla conclusione che una dieta povera di questa vitamina era legata allo sviluppo della malattia. Tuttavia, poiché l’indagine è stata fatta unicamente valutando i questionari auto-compilati dai partecipanti non vi erano prove certe derivanti da analisi del sangue o altre che comprovasse l’effettiva presenza o meno di questa vitamina. Si rende quindi necessario procedere con ulteriori studi clinici per riuscire a ottenere dei dati maggiormente significativi.
La stampa