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| 20 MARZO | |
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Gugol Moderatore
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la bontà e l'educazione in persona Data d'iscrizione : 04.11.07
| Titolo: 20 MARZO Mer Mar 19, 2008 2:51 pm | |
| ALMANACCO DEL 20 MARZO 2008
====================================================== GIOVEDI SANTO (MESSA IN CENA DOMINI) ======================================================
Colore liturgico: Bianco
Antifona d'ingresso Di null’altro mai ci glorieremo se non della croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (cf. Gal 6,14)
Si dice il Gloria. Durante il canto dell’inno, si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla Veglia pasquale.
Colletta O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA (Es 12,1-8.11-14) Prescrizioni per la cena pasquale.
Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto:
«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!
In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».
Parola di Dio
SALMO RESPONSORIALE (Sal 115) Rit: Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.
Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo.
SECONDA LETTURA (1Cor 11,23-26) Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Parola di Dio
Canto al Vangelo (Gv 13,34) Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
VANGELO (Gv 13,1-15) Li amò sino alla fine.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Parola del Signore
Lavanda dei piedi
Dove motivi pastorali lo consigliano, dopo l’omelia ha luogo la lavanda dei piedi. I prescelti per il rito - uomini o ragazzi - vengono accompagnati dai ministri agli scanni preparati per loro in un luogo adatto. Il sacerdote (deposta, se è necessario, la casula) si porta davanti a ciascuno di essi e, con l’aiuto dei ministri, versa dell’acqua sui piedi e li asciuga. Durante il rito, si cantano alcune antifone, scelte tra quelle proposte, o altri canti adatti alla circostanza.
ANTIFONA PRIMA (cf. Gv 13,4.5.15)
Il Signore si alzò da tavola versò dell’acqua in un catino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli: ad essi volle lasciare questo esempio.
ANTIFONA SECONDA (Gv 13,6.7.8)
“Signore, tu lavi i piedi a me?”. Gesù gli rispose dicendo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. V. Venne dunque a Simon Pietro, e disse a lui Pietro: - Signore, tu lavi... V. “Quello che io faccio, ora non lo comprendi, ma lo comprenderai un giorno”. - Signore, tu lavi...
ANTIFONA TERZA (cf. Gv 13,14)
“Se vi ho lavato i piedi, io, Signore e Maestro, quanto più voi avete il dovere di lavarvi i piedi l’un l’altro”.
ANTIFONA QUARTA (Gv 13,35)
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”. V. Gesù disse ai suoi discepoli: - Da questo tutti sapranno...
ANTIFONA QUINTA (Gv 13,34)
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”, dice il Signore.
ANTIFONA SESTA (cf. 1Cor 13,13)
Fede, speranza e carità, tutte e tre rimangano tra voi: ma più grande di tutte è la carità. V. Fede, speranza e carità, tutte e tre le abbiamo qui al presente: ma più grande di tutte è la carità. - Fede...
Subito dopo la lavanda dei piedi - quando questa ha luogo - oppure dopo l’omelia, si dice la preghiera universale. In questa Messa si omette il Credo.
Liturgia Eucaristica
All’inizio della Liturgia eucaristica, si può disporre la processione dei fedeli che portano doni per i poveri. Mentre si svolge la processione, si esegue il canto seguente o un altro canto adatto.
Dov’è carità e amore, lì c’è Dio.
Ci ha riuniti tutti insieme Cristo, amore. Rallegriamoci, esultiamo nel Signore! Temiamo e amiamo il Dio vivente, e amiamoci tra noi con cuore sincero.
Noi formiamo, qui riuniti, un solo corpo: evitiamo di dividerci tra noi, via le lotte maligne, via le liti e regni in mezzo a noi Cristo Dio.
Fa’ che un giorno contempliamo il tuo volto nella gloria dei beati, Cristo Dio. E sarà gioia immensa, gioia vera: durerà per tutti i secoli senza fine.
Preghiera sulle offerte Concedi a noi tuoi fedeli, Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri, perché ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del Signore, si compie l’opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore.
PREFAZIO DELLA SS. EUCARISTIA I L’Eucaristia memoriale del sacrificio di Cristo
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente e misericordioso, per Cristo nostro Signore. Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; a te per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria. Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa. Per questo mistero del tuo amore, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo...
Antifona di comunione “Questo è il mio corpo, che è per voi; questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”, dice il Signore. “Fate questo ogni volta che ne prendete, in memoria di me”. (1Cor 11,24.25)
Terminata la distribuzione della comunione, si lascia sull'altare la pisside con le particole per la comunione del giorno seguente; la Messa si conclude con l'orazione dopo la comunione.
Preghiera dopo la comunione Padre onnipotente, che nella vita terrena ci nutri alla Cena del tuo Figlio, accoglici come tuoi commensali al banchetto glorioso del cielo. Per Cristo nostro Signore.
Reposizione del SS. Sacramento Dopo l'orazione, il sacerdote, in piedi, dinanzi all'altare, pone l'incenso nel turibolo, si inginocchia e incensa per tre volte il Santissimo Sacramento; quindi, indossato il velo omerale, prende la pisside e la ricopre con il velo. Si forma la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il Santissimo Sacramento al luogo della reposizione, preparato in una cappella convenientemente ornata. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l'incenso. Intanto si canta l'inno Pange lingua (eccetto le due ultime strofe) o un altro canto eucaristico. Giunta la processione al luogo della reposizione, il sacerdote depone la pisside; quindi pone l'incenso nel turibolo e, in ginocchio, incensa il Santissimo Sacramento, mentre si canta il Tantum ergo sacramentum ; chiude poi il tabernacolo o la custodia della reposizione. Dopo alcuni istanti di adorazione in silenzio, il sacerdote e i ministri si alzano, genuflettono e ritornano in sacrestia. Segue la spogliazione dell'altare; se è possibile, si rimuovono le croci dalla chiesa; quelle che rimangono in chiesa, è bene velarle. Si esortino i fedeli, tenute presenti le circostanze e le diverse situazioni locali, a dedicare un po' di tempo nella notte all'adorazione davanti al Santissimo Sacramento nel tabernacolo. Se l'adorazione si protrae oltre la mezzanotte, si faccia senza alcuna solennità.
Commento Gesù trascorre le ultime ore della sua vita terrena in compagnia dei suoi discepoli. Il Maestro manifesta un amore straordinario per gli apostoli, impartendo loro insegnamenti e raccomandazioni. Durante l’ultima Cena, Gesù ha mostrato - con le sue parole - l’amore infinito che aveva per i suoi discepoli e gli ha dato validità eterna istituendo l’Eucaristia, facendo dono di sé: egli ha offerto il suo Corpo e il suo Sangue sotto forma di pane e di vino perché diventassero cibo spirituale per noi e santificassero il nostro corpo e la nostra anima. Egli ha espresso il suo amore nel dolore che provava quando ha annunciato a Giuda Iscariota il suo tradimento ormai prossimo e agli apostoli la loro debolezza. Egli ha fatto percepire il suo amore lavando i piedi agli apostoli e permettendo al suo discepolo prediletto, Giovanni, di appoggiarsi al suo petto. Nella sua vita pubblica, Gesù ha raccomandato più di una v! olta ai suoi discepoli di non cercare di occupare il primo posto, ma di aspirare piuttosto all’umiltà del cuore. Ha detto e ripetuto che il suo regno, cioè la Chiesa, non deve essere ad immagine dei regni terreni o delle comunità umane in cui ci sono dei primi e degli ultimi, dei governanti e dei governati, dei potenti e degli oppressi. Al contrario, nella sua Chiesa, quelli che sono chiamati a reggere dovranno in realtà essere al servizio degli altri; perché il dovere di ogni credente è di non cercare l’apparenza, ma i valori interiori, di non preoccuparsi del giudizio degli uomini, ma di quello di Dio. Nonostante l’insegnamento così chiaro di Gesù, gli apostoli continuarono a disputarsi i primi posti nel Regno del Messia. Durante l’ultima Cena, Gesù non si è accontentato di parole, ma ha dato l’esempio mettendosi a lavare loro i piedi. E, dopo aver finito, ha detto: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,13-14). La Cena si ripete nei secoli. Infatti Gesù ha investito gli apostoli e i loro successori del potere e del dovere di ripetere la Cena eucaristica nella santa Messa. Cristo si sacrifica durante la Messa. Ma, per riprendere le parole di san Paolo, egli resta lo stesso “ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8). I credenti che partecipano al Sacrificio eucaristico cambiano, ma il loro comportamento nei confronti di Cristo è più o meno lo stesso di quello degli apostoli nel momento della Cena. Ci sono stati e ci sono tuttora dei santi e dei peccatori, dei fedeli e dei traditori, dei martiri e dei rinnegatori. Volgiamo lo sguardo a noi stessi. Chi siamo? Qual è il nostro comportamento nei confronti di Cristo? Dio ci scampi dall’avere qualcosa in comune con Giuda, il traditore. Che Dio ci permetta di seguire san Pietro sulla via del pentimento. Il nostro desiderio più profondo deve però essere quello di avere la sorte di san Giovanni, di poter amare Gesù in modo tale che egli ci permetta di appoggiarci al suo petto e di sentire i battiti del suo cuore pieno d’amore; di giungere al punto che il nostro amore si unisca al suo in modo che possiamo dire con san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). | |
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| Titolo: Re: 20 MARZO Mer Mar 19, 2008 2:53 pm | |
| IL SANTO DEL GIORNO
Giovedì Santo - Cena del Signore |
| Il giorno del Giovedì Santo è riservato a due distinte celebrazioni liturgiche, al mattino nelle Cattedrali, il vescovo con solenne cerimonia consacra il sacro crisma, cioè l’olio benedetto da usare per tutto l’anno per i Sacramenti del Battesimo, Cresima e Ordine Sacro e gli altri tre oli usati per il Battesimo, Unzione degli Infermi e per ungere i Catecumeni. A tale cerimonia partecipano i sacerdoti e i diaconi, che si radunano attorno al loro vescovo, quale visibile conferma della Chiesa e del sacerdozio fondato da Cristo; accingendosi a partecipare poi nelle singole chiese e parrocchie, con la liturgia propria, alla celebrazione delle ultime fasi della vita di Gesù con la Passione, morte e Resurrezione. Nel tardo pomeriggio c’è la celebrazione della Messa in “Cena Domini”, cioè la ‘Cena del Signore’. Non è una cena qualsiasi, è l’Ultima Cena che Gesù tenne insieme ai suoi Apostoli, importantissima per le sue parole e per gli atti scaturiti; tutti e quattro i Vangeli riferiscono che Gesù, avvicinandosi la festa degli ‘Azzimi’, chiamata Pasqua ebraica, mandò alcuni discepoli a preparare la tavola per la rituale cena, in casa di un loro seguace. La Pasqua è la più solenne festa ebraica e viene celebrata con un preciso rituale, che rievoca le meraviglie compiute da Dio nella liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana (Esodo 12); e la sua celebrazione si protrae dal 14 al 21 del mese di Nisan (marzo-aprile). In quella notte si consuma l’agnello, precedentemente sgozzato, durante un pasto (la ‘cena pasquale’) di cui è stabilito ogni gesto; in tale periodo è permesso mangiare solo pane senza lievito (in greco, azymos), da cui il termine ‘Azzimi’. Gesù con gli Apostoli non mangiarono solo secondo le tradizioni, ma il Maestro per l’ultima volta aveva con sé tutti i dodici discepoli da lui scelti e a loro parlò molto, con parole che erano di commiato, di profezia, di direttiva, di promessa, di consacrazione. Il Vangelo di Giovanni, il più giovane degli Apostoli, racconta che avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, e mentre il diavolo già aveva messo nel cuore di Giuda Iscariota, il seme del tradimento, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e preso un asciugatoio se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi ed ai servi, si mise a lavare i piedi degli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto. Si ricorda che a quell’epoca si camminava a piedi su strade polverose e fangose, magari sporche di escrementi di animali, che rendevano i piedi, calzati da soli sandali, in condizioni immaginabili a fine giornata. La lavanda dei piedi era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico, era un dovere dello schiavo verso il padrone, della moglie verso il marito, del figlio verso il padre e veniva effettuata con un catino apposito e con un “lention” (asciugatoio) che alla fine era divenuto una specie di divisa di chi serviva a tavola. Quando fu il turno di Simon Pietro, questi si oppose al gesto di Gesù: “Signore tu lavi i piedi a me?” e Gesù rispose: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”; allora Pietro che non comprendeva il simbolismo e l’esempio di tale atto, insisté: “Non mi laverai mai i piedi”. Allora Gesù rispose di nuovo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” e allora Pietro con la sua solita impulsività rispose: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”. Questa lavanda è una delle più grandi lezioni che Gesù dà ai suoi discepoli, perché dovranno seguirlo sulla via della generosità totale nel donarsi, non solo verso le abituali figure, fino allora preminenti del padrone, del marito, del padre, ma anche verso tutti i fratelli nell’umanità, anche se considerati inferiori nei propri confronti. Dopo la lavanda Gesù si rivestì e tornò a sedere fra i dodici apostoli e instaurò con loro un colloquio di alta suggestione, accennando varie volte al tradimento che avverrà da parte di uno di loro, facendo scendere un velo di tristezza e incredulità in quel rituale convivio. “In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”, gli Apostoli erano sgomenti e in varie tonalità gli domandarono chi fosse, lo stesso Giovanni il discepolo prediletto, poggiandosi con il capo sul suo petto, in un gesto di confidenza, domandò: “Signore, chi è?”. E Gesù commosso rispose: “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò” e intinto un boccone lo porse a Giuda Iscariota, dicendogli: “quello che devi fare, fallo al più presto”; fra lo stupore dei presenti che continuarono a non capire, mentre Giuda, preso il boccone si alzò, ed uscì nell’oscurità della notte. Questa scena del Cenacolo è stata in tutti i secoli soggetto privilegiato di tanti artisti, che l’hanno efficacemente raffigurata, generalmente con Gesù al centro e gli Apostoli seduti divisi ai due lati, con Giovanni appoggiato col capo sul petto e con il solo Giuda seduto al di là del tavolo, di fronte a Gesù, che intinge il pane nello stesso piatto. L’atteggiamento di Gesù e degli Apostoli è sacerdotale, ma con i volti che tradiscono il dramma che si sta vivendo. Dopo l’uscita di Giuda, il quale pur ricevendo con il gesto cordiale e affettuoso il boccone intinto nel piatto, che in Oriente era segno di grande distinzione, non seppe capire, ormai in preda all’opera del demonio, l’ultimo richiamo che il Maestro gli faceva, facendogli comprendere che lui sapeva del tradimento ordito d’accordo con i sacerdoti e del compenso pattuito dei trenta denari; Gesù rimasto con gli undici discepoli riprese a colloquiare con loro. I discorsi che fece, nel Vangelo di S. Giovanni, occupano i capitoli dal 13 al 17, con argomenti distinti ed articolati, dagli studiosi definiti ad ‘ondate’ perché essi sono ripresi più volte e in forme sempre nuove; ne accenneremo i più importanti. “Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. E a Pietro che insisteva di volerlo seguire, assicurandogli che era disposto a dare la sua vita per lui, Gesù rispose: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte”. Il discorso di Gesù prosegue con una promessa “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Io vado a prepararvi un posto; ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Il concetto del ‘posto’ o della casa che ci aspetta, risente dell’antica concezione che si aveva dell’aldilà, come una abitazione dove i defunti prendevano posto. Così nell’Apocalisse, il cielo era immaginato come una casa al cui centro stava il trono di Dio, circondato dalla corte celeste e dalle dimore dei giusti e dei santi. Anche nei testi rabbinici si legge che le anime saranno introdotte nell’aldilà, in sette dimore distinte per i giusti e sette per gli empi. A Tommaso che gli chiede: “Se non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”, Gesù risponde con un’altra grande rivelazione: “Io sono la Via, la Verità, la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. E a Filippo che chiede di mostrare loro il Padre, Gesù ribadisce la profonda unità e intimità fra lui e Dio Padre. Le sue parole e le sue opere di salvezza sono animate e sostenute dal Padre, che parla e opera nel Figlio. A questo punto Gesù, per la prima delle cinque volte che pronuncierà nei suoi discorsi di quella sera, nomina il ‘Consolatore’ traduzione del termine greco “paraklitos” (Paraclito), che solo nel Vangelo di Giovanni designa lo Spirito Santo; cioè il dono dello Spirito che sostiene nella lotta contro il male e che rivela la volontà divina; riservato ai credenti e che continuerà l’opera di Gesù dopo la sua Risurrezione. “Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi…”. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca dicono poi che “Gesù mentre mangiava con loro, prese il pane e pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo distribuì agli apostoli dicendo: “Prendete questo è il mio corpo”, poi prese il calice con il vino, rese grazie, lo diede loro dicendo: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti”. Gesto strano, inusuale, forse non subito capito dagli Apostoli, ma che conteneva il dono più prezioso che avesse potuto fare all’umanità: sé stesso nel Sacramento dell’Eucaristia e con il completamento della frase: “fate questo in memoria di me”, riportata da Luca 22,19, egli istituiva il sacerdozio cristiano, che perpetuerà nei secoli futuri il sacrificio cruento di Gesù, nel sacrificio incruento celebrato ogni giorno ed in ogni angolo della Terra, con la celebrazione della Messa. Inoltre rivolto a Pietro, ancora una volta lo indica come capo della futura Chiesa e primo fra gli Apostoli: “Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede; e tu una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”, cioè di essere da sostegno agli altri nella fede; con ciò Gesù è sempre con lo sguardo rivolto oltre la sua morte e delinea il futuro della Chiesa. Nel prosieguo del suo discorso, Gesù ammaestra gli Apostoli con altra similitudine, quella della vite e dei tralci: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto…. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neppure voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla…”. Poi preannuncia le persecuzioni e le sofferenze che saranno loro inflitte per causa sua: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me… Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono Colui che mi ha mandato”. “ Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio”. Infine dopo altre frasi di consolazione e rassicurazione dell’aiuto del Padre attraverso di Lui, Gesù conclude la lunga cena, con quella che nel capitolo 17 del Vangelo di S. Giovanni, è stata chiamata da s. Cirillo di Alessandria “la preghiera sacerdotale”, vertice del testamento spirituale, racchiuso nei ‘discorsi d’addio’ fatti quella sera. È una bellissima invocazione al Padre per raccomandargli quegli uomini, capostipiti di una nuova Chiesa, che hanno creduto in lui, tranne uno, perché veramente Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, e lo hanno seguito lungo quegli anni, assimilato i suoi insegnamenti, disposti con l’aiuto dello Spirito, a proseguire il suo messaggio di salvezza. Ecco perché la Chiesa celebra oltre l’Istituzione dell’Eucaristia, anche l’Istituzione dell’Ordine Sacro; è la “festa del sacerdozio cristiano” e della fondazione della Chiesa. Per concludere queste note sul Giovedì Santo, ricordiamo che Gesù dopo la cena, si ritirò nell’Orto degli Ulivi, luogo abituale delle sue preghiere a Gerusalemme, in compagnia degli Apostoli, i quali però stanchi della giornata, delle forti emozioni, della cena, dell’ora tarda, si addormentarono; più volte furono svegliati da Gesù, che interrompeva la sua preghiera: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”; “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”; “Basta, è venuta l’ora: ecco il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori: alzatevi e andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”. Era cominciata la ‘Passione’ che la Chiesa ricorda il Venerdì Santo; i riti liturgici del Giovedì Santo si concludono con la reposizione dell’Eucaristia in un cappella laterale delle chiese, addobbata a festa per ricordare l’Istituzione del Sacramento; cappella che sarà meta di devozione e adorazione, per la rimanente sera e per tutto il giorno dopo, finché non iniziano i riti del pomeriggio del Venerdì Santo. Tutto il resto del tempio viene oscurato, in segno di dolore perché è iniziata la Passione di Gesù; le campane tacciono, l’altare diventa disadorno, il tabernacolo vuoto con la porticina aperta, i Crocifissi coperti. Nella devozione popolare dei miei tempi di ragazzo, le madri raccomandavano ai figli di non giocare, di non correre o saltare, perché Gesù stava a terra nel “sepolcro”, nome erroneamente scaturito al tempo del Barocco e indicante l’”altare della reposizione”, dove è posta in adorazione l’Eucaristia.
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| Titolo: Re: 20 MARZO Mer Mar 19, 2008 3:00 pm | |
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