MILANO - In inglese, sembrano quasi un duo da cartone animato: sodium e soda. Ma con loro non c'è nulla da ridere: sono il sale e le bevande dolcificate, che alla lunga lista dei danni procurati alla nostra salute adesso devono aggiungere l'ultimo sospetto, ventilato da due ricerche presentate all'ultimo congresso dell'
American Society of Nephrologya San Diego. Secondo il nuovo atto d'accusa, sarebbero responsabili di danneggiare i
reni, alla lunga.
DONNE – Le due ricerche arrivano da Julie Lin e Gary Curhan, due ricercatori del Brigham's and Women Hospital di Boston, che hanno rivalutato i dati di circa 3mila donne seguite per 11 anni nell'ambito del Nurses Health Study, per verificare se vi fosse un'associazione fra certe abitudini alimentari e la comparsa di danni ai reni. Il primo dei due studi depone a sfavore del sale: chi aveva una dieta ricca di
sodio vedeva un declino più marcato e precoce della funzionalità dei reni rispetto alle donne che mangiavano poco salato. Il secondo punta il dito sulle bevande dolcificate e ha cercato di correlare lo stato di salute dei reni al consumo di bevande dolcificate con zucchero o con dolcificanti artificiali. Anche qui, risultati netti: due o più lattine al giorno accelerano inesorabilmente il deterioramento dei reni, ma solo se nella bevanda ci sono dolcificanti artificiali e non semplice zucchero. L'associazione pericolosa persiste pur tenendo conto di innumerevoli fattori che potrebbero in qualche modo «inquinare» il dato, dall'età alla presenza di malattie come ipertensione o diabete.
INDIZI – Se è comprensibile ipotizzare che troppo sale faccia male ai reni, se non altro per interposta ipertensione, meno semplice è spiegare l'associazione fra dolcificanti e danni renali. Anche se, a dire il vero, non è la prima volta che i cosiddetti «soft drinks» vengono messi sotto accusa per i loro effetti sui reni: proprio un anno fa la rivista
PLoS One pubblicò uno studio che, andando a rivedere i dati di oltre 12 mila partecipanti del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES, 1999–2004), dimostrava una correlazione fra il consumo di bevande dolcificate e l'albuminuria, ovvero la presenza di proteine nelle urine che è segno inequivocabile di una funzionalità renale che scricchiola. Anche in quel caso il rischio cresceva all'aumentare delle lattine bevute (escluse le formule «diet»), arrivando a raddoppiare con più di due bibite al giorno, ma tutto ciò si verificava soltanto nelle donne e soprattutto in chi non era troppo in sovrappeso: nelle donne amanti delle bevande zuccherate con un indice di massa corporea inferiore a 25 la probabilità di trovare proteine nelle urine è risultata più che doppia.
IPOTESI – Quanto ai motivi che possano spiegare questi dati, però, non c'è che una ridda di ipotesi. Forse la colpa è dei troppi zuccheri in sé: le bevande in questione non hanno molti nutrienti, ma al contrario possono essere, in alcuni casi, vere «bombe dolci». C'è chi invece ritiene responsabile lo sciroppo di mais ad alto contenuto di
fruttosio, che si trova come dolcificante in moltissimi prodotti, e chi ricorda che qualche tempo fa, nelle bibite che contenevano questo sciroppo, si erano trovate tracce di mercurio. Non manca l'accusa all'aspartame: anche a seguito dei sospetti in Inghilterra, proprio in questo periodo, sta partendo una ricerca che mira a verificare su un centinaio di volontari i disturbi che effettivamente possono colpire i soggetti che si definiscono sensibili a questo dolcificante. Difficile dire chi ha ragione o dove stia la reale causa dell'associazione fra bibite e danni ai reni, perché la ricerca di PLoS One e gli studi appena presentati a San Diego sono gli unici casi in cui i ricercatori si sono presi la briga di andare a vedere la relazione fra lattine e salute dei reni; sta di fatto che sono sempre di più gli aficionados della lattina, anche nel nostro Paese, e sono in crescita pure i casi di insufficienza renale. Provare a capire se fra questi due dati c'è un nesso, allora, potrebbe non essere così inutile.
Elena Meli